Un uomo tanto è più grande quanto più universo ha in sé
Tancredi Parmeggiani
Questa mostra dalla Collezione Ramo, Disegno Italiano del XX secolo, è dedicata all’artista Tancredi (Feltre 1927 – Roma 1964), scelto come emblematico tra i 110 artisti che rappresentano il panorama novecentesco della raccolta, ed è nata in collaborazione con Alessandro Parmeggiani che ha prestato alcune opere dalla collezione dell’artista. Due sono le ragioni che lo rendono paradigmatico. Innanzitutto, l’importanza del disegno che ha profondamente segnato l’intera produzione di Tancredi. Le opere su carta dell’artista non sono ancora state presentate in tutta la loro originalità e varietà, né con mostre né con pubblicazioni esaustive, come se fossero meno importanti della sua pittura. Il disegno, invece, per Tancredi è sempre stato una necessità espressiva impellente e quotidiana, fn dalla gioventù. Le sue numerosissime opere su carta, eseguite con le tecniche più disparate (tempera, guazzo, pastello, acquerello, grafte, china) non sono mai bozzetti preparatori per i dipinti. Il disegno emerge con la forza dell’autonomia rispetto ai suoi lavori pittorici, come un mondo parallelo, di profonda intimità, che muove dal bisogno di liberare la propria mente da incubi e costrizioni, e allo stesso tempo, da una ricerca di leggerezza. La libertà del disegno è data anche dalla rarissima capacità che Tancredi possedeva di visualizzare la complessa struttura spaziale dei suoi dipinti durante l’esecuzione stessa. Il disegno era per l’artista una continua conversazione con se stesso in cui l’occhio pensava e la mano si esprimeva sulla carta. Sul foglio, materiale a basso costo, Tancredi poteva lasciarsi trasportare dalle creature che comparivano nella sua mente per fermarle sulla carta, liberandole e liberandosi. La seconda ragione che ha portato a Tancredi è stata la sua capacità di attraversare diversi movimenti del secolo scorso, assimilandoli e facendoli propri, sempre in un’incalzante procedere verso nuovi approdi di sperimentazione. La documentazione delle diverse fasi espressive di un artista è proprio uno degli elementi caratterizzanti la Collezione Ramo, creata con scopo divulgativo, al di là delle logiche di mercato. Il suo anticipare di alcuni anni certe tendenze lo ha reso, a volte, incomprensibile per i suoi contemporanei, così come i suoi cambiamenti di stile l’hanno reso difcile da riconoscere ad uno sguardo superfciale. Malgrado, la sua produzione sia da ascrivere a soli quindici anni (dal 1949, anno della prima personale in una galleria al 1964, anno della morte) l’audace originalità è stata una costante della sua produzione. Tancredi non ha mai compiaciuto il mercato, adagiandosi su un particolare stile, benché molto apprezzato, ma è sempre stato spinto da una profonda onestà intellettuale, da un’ansia di miglioramento di se stesso e della società attraverso la fede in un contributo artistico che fosse autenticamente libero. Il disegno, naturalmente, ha seguito i suoi cambiamenti di stile, soprattutto negli ultimi anni di vita in cui la produzione su carta incrementa enormemente rispetto al decennio precedente, perché (Tancredi lo dice chiaramente in uno scritto) i mercanti lo hanno molto spinto sulla pittura, costringendolo a tralasciare il disegno. La mostra, quindi, si concentra sul momento successivo al superamento dell’Informale da parte dell’artista, dal 1960 al 1964 per documentare i cambiamenti dello stile degli ultimi anni, in cui il disegno sembra ofrirgli, come mai prima, un riparo dal male di vivere. Un passaggio dall’astratto al fgurativo, è documentato con due grandi chine inedite in cui esili forme geometriche defniscono il campo d’azione con eleganza e la spirale impreziosisce la profondità spaziale. In seguito, la produzione si concentra sulla serie delle Facezie, fgure che abitano lo spazio, a volte arrivando da lontano, dal profondo di vissuti infantili, altre ispirate da eventi mondani come in “Le pose della Callas”. Le Facezie sono sempre “impressioni emotive fgurate” (Tancredi defniva la facezia “uno scherzo fatto con un po’ di leggerezza e un tantino di amarezza” e precedono il passaggio al realismo descrittivo degli ultimi mesi di vita dell’artista, qui documentati dai due autoritratti con gli occhi persi nel vuoto, oltre il bianco del foglio e della tela. Tra questi due momenti vi sono alcune opere che raccontano un altro Tancredi, ironico e lieve, aspetto del suo carattere rimasto vivo nel ricordo di chi l’ha conosciuto. Due lavori, in particolare, meritano un commento. Uno rappresenta un bouquet di fori ed è accompagnato da un testo scritto dall’artista che s’immedesima con un’ipotetica fdanzata di un soldato al fronte, a cui spedisce un mazzolino di fori disegnato con amore, un dono di bellezza e di natura per superare la brutalità della guerra. L’altro lavoro è intitolato sul retro “La Critica” e, in un registro quasi fumettistico, presenta in alto a sinistra un alberello spoglio da cui si dipartono una carrellata di personaggi nudi che, in coppia, si sfdano minacciosi attraversando il foglio da sinistra a destra. In primo piano, una bella donna formosa avanza superiore a tutti, recando nella mano destra un fore e nella sinistra una spazzolina che avvicina ai capelli, la Critica del titolo appunto. Confrontando il disegno con riproduzioni di anni fa, si nota che Tancredi aveva incollato sette foglioline sui genitali di alcuni personaggi, che oggi, dopo quarantasette anni si sono staccate, lasciando però dei segni ruvidi sulla carta. Le foglioline ritrovate su un vecchio catalogo documentano oggi l’intervento scherzoso di Tancredi, che le aveva applicate su alcune nudità, proprio come aveva imposto storicamente la Chiesa, fn dagli antichi dipinti di Adamo ed Eva. Un ringraziamento imprescindibile va ad Alessandro Parmeggiani, fglio di Tancredi, che ha prestato con grande entusiasmo le opere su carta che suo zio Luigi Scatturin aveva conservato presso l’archivio Eredi Parmeggiani di Venezia fno al 1997, poi passate a sua madre Tove a Oslo, dove sono tuttora conservate dai fgli (Alessandro appunto ed Elisabet). Alessandro ha, non solo consentito l’esposizione di alcune opere inedite e di altre che non si vedevano da alcuni decenni, ma ha anche condiviso con slancio l’idea alla base della Collezione Ramo, di dare cioè valore al disegno e di considerarlo di pari dignità rispetto alla pittura. Tancredi su carta è ancora in gran parte da scoprire e questa mostra vuole essere uno spunto a proseguire questo lavoro.